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在北京禁止“读书”:意大利报纸有关《读书》事件的报道

Angela Pascucci · 2007-08-11 · 来源:il manifesto
《读书》风波 收藏( 评论() 字体: / /

意大利报纸il manifesto 有关《读书》事件的报道

2007年8月2日,周四 “Il Manifesto”, 第三页

 在北京禁止“读书”

Angela Pascucci 记者

被视为中国“新左派”代表的著名知识分子汪晖突然被迫离开《读书》杂志编辑部。清华大学教授汪晖和社科院教授黄平从1996年起一直担任《读书》执行主编,但他们现在不能不离职。事件的原因并不清楚:我们只能通过分析表面的现象,试图抓住《读书》事件的实质――这是由于十七大即将召开而愈加阴霾的中国政治天空中的一道惊电。 十七大将在今年十月份召开,其关键是如何巩固亦已发生巨大变化的党的目标和任务。现任领导层将选择他们的继任人,来延续目前的改革政策。中国共产党内包含不同的趋向、不同的利益和不同的纲领,他们之间很自然地会产生激烈的冲突――这些冲突反映着充满复杂性而又日渐不可持续的中国发展及日渐扩大的中国社会分化。在《读书》“斩首”事件发生的同时,非常矛盾的一点是,各种刊物正在不断发表有关解救被奴役工人、新劳动法、对矿工和农民的更大关注之类的报道。也许我们可以使用中国老俗话“声东击西”来描述《读书》事件。

我们从国外观察《读书》事件,就不能不提到官方在这次事件中的角色。但是在中国国内关于这次《读书》事件的激烈论战中,很少人提到这个方面。《读书》杂志十一年以来推动了中国一场重要讨论,集中了最尖锐和智慧的知识分子及批评家;这些有责任感的知识分子避免与党的派系合流,而是专注于中国的疾速发展带来的现实问题。

一份危险杂志

为了解事件的真相,我们利用的是文章、访谈和评论,它们大多发表在互联网上(尤为便利的是“”的网页www.wyzxsx.com)。互联网此次又被证明是一个传播消息的关键工具。事实上,北京的官方报纸已被要求不要发表与此事件有关的任何报道,只有一些刊物和南方的报纸根据各自的立场在追踪这个事件。

《读书》两位执行主编的去职有点突然,但是对于事件的主人公汪晖和黄平来说,他们并未感到惊讶。出版《读书》杂志的是中国出版集团属下的三联书店出版社;中国出版集团是在90年代末中国加入世贸组织以后成立的,按照WTO的原则建成一个非政府机构,虽然它附属于中国共产党宣传部――中国共产党被认为是非政府机构。不久以前,三联管理层发生了变化,随之对《读书》的态度也变了。书店的高层管理人员清晰地摆出了冷淡敌对的态度,甚至对《读书》发表的文章公开加以审查,根本不与《读书》的编辑对话。置身于这种变化之中,汪晖与黄平早就开始准备离开,但他们希望能够有足够的时间来过渡,以使他们所做的工作能得以延续。

但根本没有过渡。从六月中旬起,情况急转直下。6月21日某报刊登了由于《读书》订数每况愈下,黄平和汪晖即将被辞退的消息,这两位执行主编就是这样发现三联书店已经拿定主意。过了几天,6月26日,三联高层领导开会,通知汪晖和黄平:他们的上司中国出版集团需要加强对《读书》的监督管理,认为汪晖和黄平的在清华大学和社科院的职务与《读书》的编辑工作矛盾。奇怪的是这一次谁也没有提到所谓“销售危机”。

当天,《北京青年报》发表汪晖教授的访谈,题为“坚守思想空间”。汪晖在访谈中说明,自从他1996年开始编辑《读书》以来,该杂志销售额一般超过9万本,常常达到12万本,这是《读书》的最高记录。在这篇访谈中,他也驳斥了对该杂志是所谓新左派思想平台的责难,也反驳了对《读书》难读的质疑。汪晖认为编辑部有权表达自身的观点和导向,而且《读书》也发表了很多不同的声音。对于中国和世界来说,《读书》是一个对于各种敏感话题进行激烈讨论的国际性的场域。德里达、哈贝马斯、安德森、詹姆森以及其他很多人都参与到了讨论中,在这些讨论中,不但有中国知识分子的声音,而且他们的声音是非常关键的。另外,汪晖教授说,非常具有反讽意味的是,在这个消费主义猖獗的年代,有人来用消费主义的标准衡量一个知识分子的杂志。“‘三农问题’当然不是什么风花雪月,战争与贫富分化也不会是高雅的文人热衷的话题,那么他们的“人文性”就是排除了社会分化、暴力和严峻的社会问题的‘人文性’”?那些觉得《读书》太“难懂”或者太“无聊”的人都得承认消费主义的评价标准不大适合文化产物:我们不能将“三农问题”当成一种娱乐活动!

访谈的内容并不受三联书店领导人的欢迎。7月10日,三联领导宣布了他们当天就要撤换《读书》主编的决定;11日领导们去《读书》编辑部正式宣布,潘和吴将取代汪晖和黄平。大部分编辑没有出席这次会议以示抗议。

从这些事实我们可以发现,《读书》已经成为一个问题,对一个日渐采用官僚和高压手段来解决大量冲突的统治系统来说,骨鲠在喉。凭借一些从未清楚表述的理由(因为这些都只是借口而已),中国的一个优秀知识平台被扼杀了。我们只能从汪晖教授的访谈中看到他的自我辩护,看到他十分清醒地揭露了的事件背景及其两位主编去职的真正原因:官僚机构对公共空间的控制,某些试图抹杀批判声音的社会力量(特殊利益集团及其在文化知识界的代表人物)的介入,以及在他们操控之下的亦官亦商的媒体。

新自由主义的检查制度

因此,在这个事情的复杂背景中,很清晰的一点是,《读书》事件是中国新自由主义者的一次胜利,他们在经济管理和政治控制中占据地位之高表现了他们渐强的影响,这两个领域现在也越来越严格地互相联系起来。这些新自由主义的精英在公共媒体中也很活跃,凭之传播他们的意识形态祷告辞:市场是个自然的力量,资本主义是一种进步,如果中国现在遇到什么问题(从贪污到社会不安定甚至到环境污染),都只不过是因为新自由主义尚未被贯彻到底。

《读书》杂志的特殊经验与我们西方读者也是有关的,因为中国已经再次成为了一个充满寓意的国家,对我们每个人都在诉说。

自1996至今,“读书”基本上有两个主要方向:第一,追索并分析当代现实问题和政治问题;第二,发起一场关于这些问题的公共讨论。这是一个非常有效的方法,尤其是在‘90年代,当中国迅速的变化使得原本的范畴――例如:“国家”,“党派”,“市场”,“社会”――不再适用之时,正如汪晖自己所说,最关键的是“我们还没有找到适合用来分析这些现象的新概念和新理论”。他强调,更重要的是“在分析和反思中国正在发生的现象的同时,我们必须探讨中国发展必须遵循的独特道路”。他说,这个思考方向是独特的:被1989年“地震”摧毁的俄罗斯和东欧国家都没有发产生类似的分析方向。《读书》因此展示了中国存在着真正独立思考的知识分子。然而,由于《读书》首先公开关注一些重要而敏感的主题:全球化、伊拉克战争、以及医疗保险、社会保险、环境保护、三农问题等等,该杂志遭到了不少反对。以上这些问题如今都成了政府需要面对和解决的问题,在报章的标题中屡屡出现。汪晖认为《读书》最大的功绩就是公开的讨论,这本身就是持续的社会变化的一个结果。我们这里举一个例子:1999年,《读书》把三农问题带到公共讨论的视野中,而那时政府根本不相信中国农村有发生危机的可能姓。在关于三农问题的讨论之后,政府开始改变政策,有些人因此开始思考“新左派”对国家政策到底会有多大影响。1999年关于“三农问题”讨论的起源于温铁军教授的一篇文章,他是这方面的专家(我们已经采访过他:见Manifesto2006年12月24日,他最近也遇到了一些困难)。

在汪晖教授看来,公开讨论是最重要的。他说,“这是民主制度的一个重要因素。这就是我为什么希望公共讨论的空间应该扩大,而不是缩小”。

《读书》的编辑策略是还政治其本来的意义与实质。这个策略当然会和把生活的各个方面简化成官僚管理或者“自然的”市场法则的倾向发生矛盾,这种倾向驱逐了公共讨论,形成了“去政治化的政治”。在这一点上,民主危机的真正根源及其方式就显现了,这些也是我们每天都要面对的问题。全球性的对于独立思想的压制正在让我们西方人面对一个艰苦的未来,而在中国,这种压制将使中国无法改变目前这条痛苦的道路。无论十七大之后哪一派占优势,谁都不能改变这个进程。

然而,有一点很确定,汪晖是不会放弃努力的,虽然在关于《读书》的斗争中,他失利了。

原文:

http://www.ilmanifesto.it/argomenti-settimana/articolo_89c62fc8cab42d20da2d2186b869bfad.html

LA PAGINA 3


 

il manifesto del 02 Agosto 2007
CINA
«Letture» proibite a Pechino
Il Partito comunista prepara il congresso. Attaccando la «Nuova sinistra» Decapitata la rivista «Dushu», che significa «Letture». Il suo direttore, Wang Hui, è stato cacciato e il giornale va verso una normalizzazione di regime. E' una vittoria degli apparati del Pcc, che in vista del congresso, si danno battaglia. Su chi è più liberista
Angela Pascucci

Wang Hui, l'autorevole intellettuale conosciuto anche in Italia come il rappresentante di punta della cosiddetta «Nuova Sinistra» cinese, è stato bruscamente costretto a lasciare la direzione della rivista Dushu, che dal 1996 dirigeva insieme a Huang Ping, obbligato anche lui a dimettersi. Poco chiare le ragioni del provvedimento, che hanno tutta l'aria di un pretesto. Un fulmine nel cielo politico cinese che si va vieppiù rannuvolando, in vista del Congresso del Pc, previsto per l'inizio di ottobre e considerato cruciale per il consistente cambio di nomenklatura in programma. L'attuale leadership dovrà infatti consolidarsi e stabilire la propria successione. Quasi di prammatica, in tempi simili, l'inasprimento dello scontro dentro un partito che deve tenere insieme anime e interessi in divergenza accelerata, inevitabilmente rispecchiando le spaccature sociali sempre più profonde e la problematicità di uno sviluppo che si rivela insostenibile. La «decapitazione» arriva peraltro nel momento in cui le cronache sono piene di operai-schiavi liberati, di nuove leggi sul lavoro, di maggiore attenzione ai problemi sociali ai migranti e ai contadini. A conferma dell'antico detto cinese «fare rumore a ovest, per colpire a est».
La questione Pcc costituisce uno sfondo imprescindibile, per chi osserva da fuori. Ma non è mai apertamente richiamata nell'acceso dibattito suscitato dall'improvviso licenziamento di Wang Hui e del suo collega dalla guida di una rivista che negli ultimi dieci anni è stata punto di riferimento per un dibattito che ha coinvolto le migliori intelligenze del paese, e suscitato critiche e risentimenti.
Un giornale pericoloso
Vediamo i fatti, ricostruiti sulla base di articoli, interviste e interventi finora circolati solo in Cina soprattutto su Internet (in particolare sul sito di Utopia, www.wyxsx.com) che ancora una volta si è rivelata cruciale per la diffusione di informazioni. Poco o nulla è infatti comparso sulla stampa. Agli organi di stampa ufficiali di Pechino è stato imposto di non riportare nulla sulla vicenda e solo alcuni quotidiani e riviste della Cina meridionale seguono gli eventi, schierandosi.
Se il giubilamento della direzione di Dushu è stato brusco, non è stato tuttavia una sorpresa per i due diretti interessati. La casa editrice della rivista è la società Sanlian Shudian, controllata dalla Chinese Publishing Corporation, costituita alla fine degli anni '90 a termini di Wto come compagnia non statale, anche se risponde gerarchicamente al Ministero della Propaganda del Pcc - Partito comunista che in questo caso ha assunto ufficialmente la veste di organizzazione non governativa (misteri cinesi). Da qualche tempo la direzione editoriale della Sanlian Press era cambiata, e con essa l'atteggiamento verso Dushu, divenuto ostile, se non censorio. Wang Hui e Huang Ping avevano capito di dover preparare le valigie, ma speravano di poter almeno guidare la transizione così che 10 anni di lavoro non venisse distrutto. Non sono riusciti mai neppure a parlarne.
A metà giugno la situazione è precipitata. Da un articolo di giornale, il 21 giugno, i due direttori vengono a sapere che stanno per essere licenziati a causa del calo di vendite della rivista. Pochi giorni dopo, il 26 giugno, da un incontro coi vertici della casa editrice, Wang Hui e Huang Ping apprendono che il cambiamento è voluto dalla Chinese Publishing Corporation che vuole centralizzare la supervisione di Dushu e ha stabilito che gli incarichi dei due direttori, uno professore alla Tsinghua University, l'altro all'Accademia sociale delle scienze, sono incompatibili con la direzione della rivista. Nessun cenno al calo di vendite. I due direttori chiedono un po' di tempo per il passaggio delle consegne. Quello stesso giorno il Giornale della gioventù di Pechino pubblica una intervista a Wang Hui nella quale il professore si difende e fa presente che dal suo insediamento, nel 1996, a oggi, le vendite hanno sempre oscillato tra le 90mila e le 120mila copie, un record nella storia della rivista, (nata nel '79 come pubblicazione di recensioni librarie da cui il suo nome che significa «letture»). Nell'occasione, Wang Hui respinge anche le accuse rivolte, peraltro mai ufficialmente, all'orientamento di Dushu, considerato troppo di sinistra, e al suo stile di scrittura che per i critici sarebbe noioso e difficile. Sul primo punto Wang Hui rivendica e difende gli orientamenti della direzione, ma ricorda di aver aperto la rivista a un grande dibattito, anche internazionale, su questioni forti, sensibili, in Cina come nel mondo. Derrida, Habermas, Anderson, Eco, Jameson e molti altri ancora hanno contribuito alle sue pagine che hanno ospitato anche voci cinesi molto critiche. Quanto alla seconda accusa viene rintuzzata argomentando che la qualità dei dibattiti intellettuali non può essere valutata su standard consumistici e facendo notare che «non ci si dovrebbe aspettare di essere 'intrattenuti' da un articolo sulla difficile situazione dei contadini cinesi».
La difesa non piace. Il 7 luglio i vertici della Sanlian comunicano che la decisione di sostituire i due direttori ha effetto immediato. Il 10 luglio è annunciato alla redazione l'insediamento dei nuovi direttori uno dei quali è anche un manager della Sanlian. L'incontro viene disertato dalla maggior parte di coloro che avrebbero dovuto partecipare.
Dai fatti si evince che Dushu era diventata scomoda e che con puri pretesti si è posta fine a un'esperienza straordinaria, in senso letterale, per la Cina. L'autodifesa di Wang Hui, ricostruibile dalle interviste attraverso le quali ultimamente ha cercato di vendere cara la pelle, la restituisce in tutto il suo spessore intellettuale mentre elenca le vere ragioni che hanno portato al suo licenziamento: l'accresciuto controllo del sistema burocratico sullo spazio pubblico in risposta ai conflitti crescenti, l'azione di particolari forze sociali e gruppi di interesse, con i loro rappresentanti nel mondo culturale, volta a eliminare ogni voce critica dell'attuale andazzo, l'ignoranza e l'ideologia di mass media asserviti.
Censura neo-liberal
Appare chiaro è che quanto accaduto a Dushu costituisce una vittoria per i neo-liberal cinesi che giorno dopo giorno occupano posizioni sempre più elevate nella gestione dell'economia e della politica, i cui intrecci sono ormai strettissimi. Una élite che ha un ruolo dominante anche nei mezzi di informazione incaricati di trasmettere i suoi mantra: il mercato è una forza naturale, il capitalismo è il progresso e i mali cinesi (corruzione, turbolenze sociali, inquinamento) derivano dal non averne abbastanza, la polarizzazione fra ricchi e poveri è male inevitabile.
Discorsi che suonano familiari alle nostre orecchie occidentali: in questo senso l'esperienza particolare della rivista ci riguarda facendo emrgere la Cina, ancora una volta, come un paese allegorico che parla a tutti.
Due erano i piani sui quali la direzione ha condotto Dushu dal 1996: la messa a fuoco dei problemi reali e delle questioni politiche da essi poste, e l'apertura di un dibattito pubblico su quanto andava emergendo. Un'azione cruciale, soprattutto negli anni '90 quando i rapidi cambiamenti avevano rese obsolete categorie come stato, partito, mercato, società e non si avevano a disposizione nuovi concetti e teorie per analizzarli. Ma quel che più importa, ricorda Wang Hui, era «la nuova direzione verso cui puntavamo mentre cominciavamo a esplorare il percorso di sviluppo unico che la Cina avrebbe dovuto seguire». Riflessioni che, sottolinea, mai sono avvenute in Russia e nell'Europa dell'est, squassate dal terremoto dell'89. Così facendo Dushu si è attirata molte critiche feroci perché ha sollevato temi come la gravità della situazione sanitaria e della condizione contadina o la questione della protezione ambientale, o la corruzione nel processo di privatizzazione delle imprese di stato, quando erano argomenti tabù perché disturbavano il manovratore. Tutti nodi di cui il governo ha dovuto infine prendere atto per correre ai ripari. Merito questo non tanto della rivista ma del dibattito suscitato che era, in se stesso, sottolinea Wang Hui, un frutto dei cambiamenti sociali in corso. Un esempio fra tutti: nel 1999 Dushu apre un grande confronto sulla condizione drammatica dei contadini quando ancora il governo sosteneva che il mondo rurale cinese non fosse in crisi. Dopo quel dibattito, Pechino cambiò politica tanto che si cominciò a parlare dell'influenza inedita esercitata dalla Nuova Sinistra. Da notare che a dare avvio al confronto sui contadini fu uno dei maggiori esperti cinesi di politica agraria, il professor Wen Tiejun (una sua intervista è stata pubblicata dal manifesto il 24/12/2006), del quale giunge voce che sia anch'egli in gravi difficoltà politiche.
La possibilità di confronto pubblico è l'aspetto che oggi sta a più a cuore a Wang Hui perché, dice, «costituisce un importante elemento di democrazia. Perciò spero di poterne espandere lo spazio, non diminuirlo».
Inevitabile che una simile impostazione, volta a restituire alla politica il senso e la sostanza che la rendono tale, andasse in rotta di collisione con una tendenza a ridurre tutto a regolamenti burocratici o a leggi «naturali» del mercato che espelle la discussione e tutto de-politicizza. In una crisi delle ragioni della politica e dei metodi della democrazia che è ormai anche il nostro indigesto pane quotidiano. Una stretta anti pensiero che, foriera di tempi amari per i nostri destini occidentali, in Cina impedirà il cambiamento di un corso disastroso, che potrà essere mantenuto solo con repressione e controllo poliziesco. Quale che sia la fazione «vincitrice» al prossimo Congresso.
Ma si può essere certi che Wang Hui non smetterà di combattere, anche se la sua ultima battaglia a Dushu è ormai persa.


 

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